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LA LAMA SANGUINEA DELLA PERFEZIONE

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Da giovedì  16 marzo a sabato 18 marzo, Carrozzerie n.o.t. ospita Alkestis 2.1 spettacolo inserito nella programmazione del Teatro dell’Orologio, per cause di forza maggiore rimasto senza luogo d’espressione.

Alkestis 2.1 di Johannes Bramante mira a riportare in scena le dinamiche sottese al Pigmalione, mito raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio, e ad Alcesti, di cui scrive Euripide; in queste narrazioni vediamo il sacrificio della donna come passo fondamentale per la realizzazione dell’uomo,  e precisamente per la creazione di una sua visione, non fermandosi nel momento in cui la stessa dovesse toccare l’apice dell’autodistruzione e della negazione di senso della realtà.

L’inizio della storia ha in sé il germe della sua stessa conclusione,  lungo le fila della follia, in un labirinto spasmodico al cui centro la perfezione, ideale estatico di sé.

Sulla lama del rasoio  un fotografo alla ricerca dello scatto perfetto, e il suo contraltare – una modella alla ricerca della spoliazione totale di sé in nome di un qualcosa di più alto; nella relazione tra i due il taglio da cui fuoriescono incitamenti violenti a volere di più.

Il rapporto tra i due si riassume in quella che in psicologia viene chiamata  follia a due, e nello specifico follia simultanea, in cui l’uno diviene il contenuto delle psicosi dell’altro, così l’ideale di perfezione viene rimandato dal fotografo al corpo malleabile della modella, il cui corpo avrà il potere di donare lo scatto perfetto, e allo stesso tempo la modella,  rimette nelle mani del fotografo l’atto di consacrazione del proprio corpo, come nascita dell’ ideale incarnato di bellezza sull’altare del successo.

Quello che ci viene mostrato è un’escalation violenta, autodistruttiva, spasmodica in cui il bisogno di essere amati, riconosciuti, accolti sfonda ogni limite – arrivando allo stupro, alla mutilazione di parti di sé viste come persecutorie, all’annichilimento più totale del corpo e della psiche.

Una proposta difficile da digerire, estrema nella sua messa inscena, reale nella sua concretezza; qui la bravura di Alessandro Lussiana,  e della sua capacità di accedere e di immergersi totalmente nelle dinamiche sado–masochiste,  narcisiste,   istrioniche, esibizioniste che portano lo spettatore ad un livello di emozionalità, fastidio e angoscia tale da considerare l’interpretazione completamente riuscita.

Quello che il regista mette in scena è una dinamica antica, in cui l’ossessione portata da un’idea nega la realtà esterna fino ad allargarsi sempre più negando la realtà interna, e qui l’autodistruzione, il sangue che scorre lungo tutto il corpo, il sacrificio estremo della donna, il sacrificio estremo dell’uomo in nome di un’idea che per sua stessa natura non darà riconoscimento né limite.

Un’opera  pienamente riuscita: armonica nelle dissonanze stridule della sua espressione e perversione; decisa battitura di un disordine condiviso;  tempo perfetto tra presente e passato, feedback e dislocazioni del presente su piani di realtà irreali. Questo reso possibile, non solo, dalla finezza registica che traspare lungo tutto l’evolversi dello spettacolo, ma anche, dalla sottigliezza e dalla nitidezza interpretativa di Lucia Bianchi, Francesca Accardi e Alessandro Lussiana  capaci nel rendere profondamente reale una narrazione profondamente irreale.