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La rinascita delle beghine: Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi al Quirino

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Sorelle Materassi al teatro Quirino riesuma uno dei capolavori della letteratura del secolo scorso, che con la regia Geppi Gleijeses assume nuove sfumature e angolazioni, diventando uno spettacolo contemporaneo e vitale, capace di far conoscere e apprezzare l’ironia sferzante e raffinata di un genio visionario come quello di Aldo Palazzeschi.

La storia racconta, con elegante e affettuosa ironia, la vita delle due sorelle Teresa e Carolina Materassi, due anziane zitelle che hanno dedicato la loro vita a cucire biancheria per i nobili di zona. La loro esistenza viene sconvolta dall’arrivo in casa del nipote Remo, aitante e giovane figlio della sorella defunta, che scatena nelle zie un moto d’affetto e una velata attrazione sensuale. La devozione verso Remo sarà la causa della bancarotta delle materassi, incapaci di negare all’adorato nipote la soddisfazione di ogni suo desiderio. Così fra gag di un’ironia sfacciata, crudele, ma mai volgare, viene raccontato il dramma degli anni che passano.

Nella rilettura di Geppy Gleijeses le sorelle hanno i volti di due madrine del teatro italiano: Milena Vukotic e Marilù Prati, interpreti magistrali che sono riuscite a pieno a incarnare i due grotteschi personaggi, superando un banco di prova per ogni attrice nella sua maturità.

Le due protagoniste si muovono con grazia all’interno di una scena che profuma di un’epoca passata, in cui le tavole del palcoscenico erano calcate da dive eteree come Giacinta Pezzana, Eleonora Duse o le stesse sorelle Gramatica. Con le loro parrucche incipriate e un’autoironia rara nel teatro contemporaneo, le interpreti riescono a giocare con il tempo che passa e a trasformare le tante primavere in un valore inestimabile, regalando al pubblico un’interpretazione che fa lasciare la sala ancora con le lacrime agli occhi.

L’insidiosa sfida di realizzare questa tragicommedia spietata viene vinta dal regista e dagli interpreti, che prendono in mano uno dei più rimaneggiati capolavori del 900 e lo consegnano al pubblico del XXI secolo, che all’uscita dal teatro riesce finalmente a chiudere i suoi tabù e il suo terrore di invecchiare in un polveroso cassetto.

Mila di Giulio