La sospensione del tempo, intesa come fine di ogni coercizione, è l’ideale della musica. Lo scriveva T. Adorno molto tempo fa. Ma è un pensiero quanto mai attuale, se si guarda con attenzione lo spettacolo “Lady Holiday”, in scena in questi giorni al Trastevere di Roma. Osservando si scopre quanto sia profondamente moderna questa riflessione.
Una scena che esce dal tempo e dallo spazio. Una musica che sconfigge ogni galera. Ecco Lady Holiday, uno spettacolo tratto dal testo di Alessandra Caputo, curato dalla stessa autrice con Simone Fraschetti, con musica eseguita dal vivo da Rodolfo V. Puccio e Valentina Conti sul palco.
Sia lode al Teatro Trastevere, un piccolo teatro che, resistendo alla marea montante dello “scontato”, si oppone, da ribelle, alla grande produzione optando, invece, per qualcosa di più piccolo ma non per questo meno importante.
Lo spettacolo è ancora “in fieri”, anche se ha già lasciato dietro di sé il mondo della ricerca, ed è quasi un quadro impressionista di luci e colori.
Una luce che nomina l’innominabile e una musica che comunica l’inconoscibile. Questo spettacolo conferisce una forma al vuoto, così come la musica fa al silenzio.
Sul palco, solo una ragazza che interpreta Lady Day e un musicista. Ho avuto la fortuna di parlare con i registi che hanno curato la messa in scena, che mi hanno spiegato – gentilmente e senza supponenza – la loro decisione di distillare sempre di più l’aspetto sonoro per concentrarsi, invece, sul mondo visivo. L’interprete, sensuale come una nota in sospensione, non definisce una Lady politica, nonostante gli accenni agli “strani frutti”, frutti che hanno consacrato la cantante come icona della resistenza antirazzista.
L’attrice scivola tra le sedie degli spettatori, si muove sinuosa come un fil di fumo e occhieggia sarcastica. Bella. Invitando gli spettattori a non rimanere a galla, a sopravvivere, ma a lasciarsi sprofondare nel mare magnum della musica, nell’Egeo della libertà greca: una libertà fatta di luce e consapevolezza