Home teatro L’apologia del doppiogiochismo in “Some girl(s)”

L’apologia del doppiogiochismo in “Some girl(s)”

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In scena fino al 14 febbraio al Piccolo Eliseo “Some girl(s)”, di Neil Labute, è uno spettacolo che merita di essere visto. Non solo per la bravura dei singoli attori ma per la storia, che riguarda da vicino un po’ tutti. La regia sapiente di Marcello Cotugno ha saputo valorizzare l’espressività degli attori, senza calcare troppo la mano di nessuno dei personaggi stereotipandolo.

Diceva bene Marc Bloch «L’incomprensione del presente cresce fatalmente dall’ignoranza del passato». Soprattutto se questo passato riguarda la vita sentimentale del protagonista, Gabriele Russo, che ha dato di sé una ottima performance, un po’ incerta nelle prime battute, che, però, è andata migliorando.

Qual è la ragione che veramente ci spinge a voler conservare la memoria delle azioni passate? Voyeurismo? Una forma di onanismo mentale sui bei ricordi? O, più semplicemente, un desiderio di non ricommettere gli stessi errori? Magari tutti questi elementi insieme. Se a tutto questo, poi, ci si aggiunge anche una buona dose di malizia e, perché no, di cattiveria, ecco che il guaio è servito.

Le donne che vengono coinvolte nel gioco psicotico del protagonista sono tutte bravissime. Da Laura Graziosi a Bianca Nappi, nel ruolo di incerta femme fatale. A Roberta Spagnuolo, eccitante e provocante fino alla valchiresca Martina Galletta.

I viaggi del protagonista, che terminano tutti in anonime stanzette di albergo, finiscono tutti nell’osanna dell’ego maschile; solamente spoglia l’anima del finto amante ne esce, provata, ma vincitrice.

Una ennesima brutta figura per gli uomini. Ma una ottima palestra per l’animo di tutti.