Home teatro “Refugees”, la fuga e la vittoria. L’intervista con il regista Ugo Bentivegna

“Refugees”, la fuga e la vittoria. L’intervista con il regista Ugo Bentivegna

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E’ andato in scena a Viterbo il 20 marzo, “Refugees”, lo spettacolo di Ugo Bentivegna. Claudia Koll ha raccontato, insieme ad altri artisti, lo strazio della fuga. Ma c’è dell’altro dietro ogni singola storia. Ne parliamo con il regista che invita gli spettatori di tutta Italia ad andare a vedere lo spettacolo.
Il mondo è pieno di guerre. Gli innocenti ne pagano le conseguenze. Spesso, come Enea, Anchise e Ascanio, fuggono nella notte. Ecco, la fuga come racconto di vita. Cosa vuol dire fuggire per vivere? 

Fuggire per vivere vuol dire Vivere. L’esodo a cui assistiamo tutti i giorni è una tragedia di cui si parla troppo poco. Ogni essere umano ha il diritto di vivere nel luogo in cui è nato, se lo desidera. Oggi questo diritto per molti è solo un utopia.

Gesù, Einstein e Nureyev messi insieme. Sembra una riunione un po’ difficile da capire. Cosa farebbe di Gesù un rifugiato? 

Gesù è stato il primo rifugiato della storia fuggendo dal proprio paese, così come il suo popolo: gli ebrei.

Spesso ci si concentra di più sulla figura di “colui che viene”, dimenticando l’importanza anche di “colui che riceve”. Ecco, la matrice originaria del problema del rifugiato non potrebbe essere la sottovalutazione dell’importanza di “colui che accoglie”? 

Non credo esistano etnie, razze, popoli violenti o incivili, esistono uomini diversi. Molti sono costretti a subire le decisioni prese da pochi che detengono il potere. Ed è proprio il potere, l’avidità, il denaro, l’ignoranza, il poco rispetto ecc… le cause principali di tali ingiustizie. 

Tutte le culture non sono uguali. Ne esistono di violente, di intolleranti, dobbiamo accoglierle tutte? Il rifugiato cosa da in cambio? Se viene da un Paese intollerante, non basta che sia un rifugiato per fare di lui un tollerante. Potrebbe essere un intollerante non abbastanza forte da imporsi in Patria.  Quindi, come dobbiamo comportarci? È il teatro sociale come può contribuire a risolvere il problema? 

I rifugiati non sono numeri, ma persone come noi. Refugees vuole raccontare le loro storie per stimolare il pubblico a riflettere e per restituire dignità a uomini e donne che si trovano nella condizione di dover lasciare la propria terra; quella stessa terra verso la quale, se potessero, tornerebbero immediatamente.

Refugees è un teatro sociale e civile che vuole parlare alle coscienze. Grazie alla sensibilità di Claudia Koll, Valeria Contadino e dei giovani artisti coinvolti nello spettacolo, crediamo che la conoscenza del diverso da noi sia una risorsa e un arricchimento. A questo proposito, per tutto il cast è stato molto importante e una fonte di crescita personale conoscere e dividere la scena con Soumaila, un ragazzo del Mali che racconterà, durante lo spettacolo, la sua storia. Credo sia necessario partire dal quotidiano, per far sì che possa radicarsi nella società e nelle singole persone la cultura dell’accoglienza.

Refugees sarà presto in Sicilia e speriamo possa proseguire ancora in giro per l’Italia. Ci piacerebbe arrivare anche in quei posti dove il rifugiato è considerato una minaccia, per cercare di eliminare i pregiudizi e far capire che i messaggi che passano attraverso i mass media non sempre corrispondono alla verità.