Si riapre la stagione del teatro Vittoria a Roma con una sorpresa. A dispetto di quanti si aspettassero un’apertura canonica, dal grande titolo, eccoci offrire invece, sempre un grande titolo ma con degli attori d’eccezione.
Nessun grande nome. Nessuna prima stella o prima donna. Solamente un effervescente gruppo di attori giovanissimi che si sono cimentati con uno dei classici della drammaturgia: L’impresario delle Smirne.
Il gruppo, coeso in tutte le sue parti – una soluzione per nulla facile da riuscire a combinare – è stato diretto da Stefano Messina, che ha creato una pièce a metà tra un varietà e un teatro tradizionale.
Sebbene i pezzi musicali talvolta abbiano rallentato, dando troppo spazio a quella che forse ha rischiato di diventare più un saggio piuttosto che uno spettacolo, nel suo complesso questo Impresario si è fatto notare e anche amare.
Le risate sono state dosate saggiamente. Il pubblico ha gradito.
La sala piena è stata colta alla sprovvista da questa bellissima sorpresa. Già bellissima perché era ora che si desse prova di un coraggio di non poco conto nel dare a un gruppo di giovani attori una possibilità cosi forte.
E bisogna dire che se la sono cavate splendidamente. Le musiche di Pino Cangialosi hanno accompagnato, con una tessitura leggera, ma non patetica, tutto il testo e i costumi di Ludovica Rosenfeld hanno saputo dare prova di una attenzione al dettaglio ammirevole.
Di spettacoli ne vediamo tanti. Pochi ottimi. Molti buoni. Troppi mediocri. Ecco, questo spettacolo è fuori da tutte queste categorie. Perché era nuovo, perché era fresco. E perché lo vorremmo rivedere.