Classico e moderno, mito e realtà nei soggetti sensuali di Moreno Bondi

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    Eleganza formale, bellezza sensibile, pathos emotivo e drammatico sono le qualità che le opere di Moreno Bondi, esposte in una temporanea alla galleria Triphè di Roma, comunicano al pubblico con tronfia ed immediata evidenza.

    Il classicismo ed il moderno che, superando la annosa e sempre attuale querelle estetica, si fondono insieme in una soluzione ricercata e deliziosamente aristocratica per la quale l’opera sembra quasi aver maturato un distacco nobile e sdegnoso nei confronti tanto del pubblico quanto dell’artista, vivendo di vita propria in un’autonoma autocelebrazione.

    Molto importanti per comprenderne la poetica figurativa sono le origini ed il percorso formativo dell’artista; nato a Carrara (patria del famoso e preziosissimo marmo), studioso di Caravaggio e dell’arte Rinascimentale, innamorato della Roma barocca dei papi, il suo stile non poteva non maturare sul solco di questo importante bagaglio culturale, ponendosi tuttavia in un atteggiamento di fruttuoso e originale dialogo con le influenze suddette; Bondi, infatti, non si sente né copista né storico dell’arte; il suo intento, piuttosto, è quello di interpellare criticamente i modelli a cui si ispira, consapevole, tuttavia, della distanza storica che connota quei paradigmi. La diatriba interiore trova così esito nell’utilizzo di piccoli frammenti, riletture di opere antiche, o composizioni artificiali attraverso cui l’arte antica viene inglobata in quella contemporanea mantenendo il suo tratto di lontananza ed enigmaticità che la rende così affascinante ed irresistibile. È una lettura del passato in chiave sapientemente problematica che persiste l’obiettivo di creare un’atmosfera evocativa ed onirica, in cui la coesistenza di antico e nuovo, tradizione e modernità denotano un certo influsso della pittura metafisica.

    Centrale è il tema della mitologia. Il mito nell’arte classica è vissuto come reale, risposta efficace ed affidabile agli interrogativi più profondi ad angosciosi dell’uomo. Nell’età contemporanea viene defraudato della sua portata esistenziale, morale e pedagogica, e, allora, di fronte alle inquietudini che assalgono l’uomo (post)moderno, così strutturalmente fragile, lascia irrequieti, insoddisfatti, svuotati da ogni senso e frustrati in ogni anelito di speranza. L’artista sembra voler confrontare queste due differenti attitudini esistenziali in un percorso mirante a stimolare il risveglio delle coscienze attraverso il sentimento di malinconia del passato e l’analisi critica dell’attuale.

    Per quanto concerne la tecnica, Bondi è uno sperimentatore; l’obiettivo è quello di rompere lo schema della bidimensionalità della pittura, mediante l’utilizzo di tele concave, ma soprattutto attraverso un efficace connubio di scultura e pittura, con l’applicazione di elementi sculturei alle tele dipinte con colori ad olio dalle tonalità vivaci e brillanti. La trovata di bruciare parzialmente la superficie superiore delle proprie tele per lasciare intravedere un secondo dipinto altrimenti celato risulta accattivante ma, forse, non esattamente originale allo stato attuale dei fatti.

    Giulia Quinzi