Il regista svizzero Christoph Marthaler, tra le figure più visionarie del panorama teatrale internazionale, arriva finalmente a Bologna, dove presenta in prima italiana Das Weinen (Das Wähnen) – Il Pianto (Il Pensiero), il 30 e 31 ottobre al Teatro Arena del Sole.
Lo spettacolo, prodotto dal Schauspielhaus di Zurigo con ERT / Teatro Nazionale e altri partner europei, doveva essere in Italia nella primavera del 2020, quando i lavori di prova sono stati interrotti per poi riprendere nella scorsa stagione con il debutto il 20 settembre 2020 proprio a Zurigo.
Marthaler, conosciuto come regista di prosa e d’opera, porta in scena la musicalità folle e fantastica degli scritti di Dieter Roth, artista, di origine tedesca ma svizzero di adozione (muore infatti a Basilea nel 1998), tra i più creativi e affascinanti del XX secolo. Poeta, pittore, scrittore, grafico, Roth è conosciuto soprattutto per la sua arte figurativa, per le sue installazioni, film, dipinti realizzati con muffe e opere con cibi (come le sculture di cioccolato, i disegni di spezie, i coniglietti di escrementi, i tavoli di rovine, le torri di leoni e salsicce di letteratura) e per i libri d’artista.
Marthaler decide invece di lavorare sulla sua opera scritta, creazioni linguistiche davvero singolari, ancora oggi sottovalutate e introvabili, se non presso antiquari. Per lo stesso Roth la scrittura era un’azione centrale in tutta la sua attività: «Nulla – affermò in un’intervista – è importante quanto scrivere… o per meglio dire… ruminare. Formare frasi».
Secondo il regista, che lo ha conosciuto e frequentato, Roth è stato uno scrittore originale e molto produttivo e la sua vera passione era appunto la scrittura, al di sopra di ogni altra forma di espressione.
Alla fine degli anni ’80 Roth regalò a Marthaler il suo libro, realizzato in uno strano formato verticale e intitolato Das Weinen. Das Wähnen (Tränenmeer 4) (Weeping. Imagining Sea of tears 4), mai tradotto in italiano.
Da quel momento è stato lui a far viaggiare il libro – così come amava fare il suo autore – da Zurigo a Basilea, da Basilea a Parigi, da Parigi ad Amburgo, e alcuni frammenti di questa opera cominciarono a fare apparizione all’interno delle sue produzioni.
Nel 2020 – circa 30 anni dopo che Roth mise il libro nelle mani di Marthaler – Das Weinen (Das Wähnen) è diventato il soggetto della sua nuova produzione teatrale e il simbolo dell’incontro tra due “svizzeri d’eccezione” le cui strade si sono incrociate e che tanto hanno in comune, come l’urgenza di attraversare confini, l’euforia cosmopolita di vivere centri e periferie delle città preferite, una forte predilezione per l’invecchiamento del corpo, dello spirito e del cioccolato, e una spiccata tendenza ad assegnare a opere d’arte titoli molto particolari (Melancholischer Nippes e Murx den Europäer! Murx ihn! Murx ihn! Murx ihn! Murx ihn ab!) (Nostalgico Bric-à-Brac e Uccidi l’europeo! Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo!).
Lontano dall’intento di ripercorre la biografia dell’artista svizzero, Marthaler realizza uno spettacolo fatto di parole, quasi integralmente provenienti dal libro Das Weinen (Das Wähnen), che diventano suono. Il regista maneggia i dialoghi contradditori, e spesso completamente privi di significato, di Dieter Roth con precisione linguistica; usa i divertissement, le sue omissioni, le sue farse linguistiche, la sua ossessione per il fallimento creando un’allegra commedia. Una musicalità unica che deriva dal folle accostamento di vocaboli di Dieter Roth, un insieme di suggestioni, che permette allo spettatore di viaggiare attraverso la fantasia.
Un “testo-discorso”, come lo definiva lo stesso Roth, in cui compaiono una serie infinita di parlanti che spesso esistono solo per brevi momenti e qualche volta soltanto per una frase. Das Weinen (Das Wähnen) è uno spettacolo sul linguaggio di Dieter Roth. È una riflessione su come questo linguaggio possa essere parlato, quando, da chi e in quali circostanze.
La messa in scena di Marthaler avviene in un luogo (più o meno) quotidiano, dove disperazione e speranza sono intrecciate al punto da formare una singola entità, qualcosa come una “disperanza”.