Il giovane artista Fabio Condemi, menzione speciale alla Biennale di Venezia 2017 per «il rigore» e «la matura capacita di analisi», porta in scena Jakob Von Guntendi Robert Walser, paradossale romanzo filosofico di formazione pubblicato nel 1908 dallo scrittore svizzero amato da Kafka, Musil e Walter Benjamin.
Dal 14 al 17 novembre sul palco del Teatro India rivive la storia ambientata nell’Istituto Benjamenta, luogo ambiguo e simbolico di felicita e tortura, che racconta l’«educazione al rovescio» a cui gli allievi della struttura, aspiranti servitori, sono sottoposti. Jakob e uno di loro e impara ben presto, durante le tetre ore surreali dedicate all’apprendimento e alla vita di collegio, che il reale scopo degli insegnamenti non e la formazione dei giovani studenti, ma al contrario il raggiungimento di uno stato dello spirito che rasenta l’obbedienza cieca, fino alla dissociazione della personalita: all’Istituto Benjamenta si impara il piacere di annullarsi. Cosi tutte le attivita si svolgono in uno stato semilucido, come fra la veglia e il sonno, e gli insegnanti «addormentati o morti o pietrificati», perennemente trasognati, onirici, sembrano in procinto di poter scomparire da un momento all’altro (se davvero esistono).
Tutto si assopisce in quel luogo fantasmatico: la storia, la scienza, la matematica, la letteratura, e soprattutto la religione, perché «il sonno e piu religioso di tuttala religione ed e quando si dorme che si e piu vicini a Dio». Giorno dopo giorno i protagonisti imparano cosi ad essere dei «magnifici zero», a defilarsi dalla vita stessa, abbandonandosi alle atmosfere claustrofobiche, ad un vagheggiato senso di attesa, al disagio desolante della vessazione, di cui Jakob diventa mano a mano connivente. In fondo, per uno che ha scelto di vivere in sordina, mettersi a totale disposizione di qualcun altro, di un padrone, vuole dire anche proteggersi dalle spine del mondo, dalla gravita del pensiero, dalla fatica dell’esistenza. Cosi Robert Walser spiazza lettori e spettatori con sublime e sottile perfidia, rovesciando con tragica ironia i valori borghesi dell’arrivismo, annientati dalla cura raffinata della subordinazione, e teorizzando una vera e propria “arte del servilismo”.
Fabio Condemi ne restituisce nel suo Jakob Von Gunten lo spirito acuto, l’irreprimibile vena comica, attraverso una messa in scena colta, semplice e sofisticata a cui bastano pochi elementi (uno spazio vuoto, un acquario di pesci, qualche cuscino, teli bianchi) per tinteggiare sul palcoscenico una dimensione a tratti fiabesca di libera e schizofrenica esplosione dei discorsi e dei pensieri.