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Il tesoro degli etruschi, un mistero da scoprire proprio al centro di Roma

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Edoardo Latessa

«È in verità impressionante il constatare che, per due volte nel VII secolo a.C. e nel XV d.C., pressoché la stessa regione dell’Italia centrale, l’Etruria antica e la Toscana moderna, sia stata il focolaio determinante della civiltà Italiana». Scriveva il  latinista ed etruscologo francese, Jacques Heurgon. E questa cultura è ancora nascosta, come un gioiello incastonato al centro di un diadema, un tesoro nascosto dentro le viscere della Capitale. Un capitale tutto da scoprire.

La mostra
Villa Giulia, un gioiello dell’architettura Rinascimentale, costruita nel 1550 come residenza papale di Giulio III, ospita dal 1880 il Museo Nazionale Etrusco. Qui La bellezza incontra la bellezza, il Rinascimento l’antica civilità Etrusca, lontane nel tempo, eppure così vicine, per il centro d’origine che le accomuna, ovvero  l’odierna Toscana.
Prima dell’ ingresso all’esposizione Villa Giulia incanta un ultima volta con il giardino e il ninfeo, calando lo spettatore in un atmosfera bucolica che introduce il cammino alla scoperta dell’arte Etrusca, inestricabilmente legata ai misteri di questo popolo.
La loro origine, in primis, è una delle questioni più dibattute fin dall’antichità, fra chi come Erodoto e Tucidide propendono per la provenienza orientale e chi come Dionigi di Alicarnasso per l’autoctonia. Cristina Vuerich, curatrice dell’evento, ci guida verso una soluzione alternativa al problema, tramite un criterio topografico che, seguito come un sentiero, ci svela l’intima essenza di un popolo gioioso, socievole ed aperto alla contaminazione culturale.
La visita guidata è di inestimabile importanza per immergersi a pieno nella mentalità e nella vitalità del mondo etrusco, permettendo allo spettatore di familiarizzare con  una società complessa e raffinata, dinamica nel tessere relazioni commerciali con le altre genti che abitano il Mediterraneo: come testimoniano i numerosi prodotti di manifattura Greca  e le Lamine di Pyrgi, un documento bilingue di notevole importanza storico-linguistica, scritte in Etrusco e Fenicio.

La morte
Unico è il rapporto degli Etruschi con la morte vissuta con serenità e leggerezza . Nel museo possiamo trovare un reperto di rara bellezza come “Il Sarcofago degli Sposi” di Cerveteri, contenente le ceneri di una coppia; l’opera non è, come potremmo immaginare, melanconica e funeraria ma gioiosa, i due sposi,in posa conviviale, sono sorridenti nella morte: come se accettassero la propria condizione mortale, senza vedere nell’esito di questa vita un epilogo al proprio amore.
A riprova di questo particolare rapporto che gli etruschi avevano con la “fine” c’è la tomba dipinta ”Del letto funebre”, dove scene festose accompagnano il defunto nel suo ultimo viaggio. Queta visione della morte ben presto muta, un cambiamento dovuto presumibilmente all’intensificarsi degli scontri con Roma: alle scene festive si sostituiscono creature demoniache e mostruose, segno di un radicale cambiamento prospettico probabile indice di un’oscura consapevolezza della fine.
Le città etrusche erano città-stato prive di unità statale collettiva, e le guerre fratricide hanno impedito di far fronte comune contro il nemico comune. Progressivamente la civilità etrusca verrà eclissata da quella romana fino ad essere interamente inglobata, tant’è che già con l’imperatore Claudio la lingua etrusca sarà quasi estinta

”Non si abita un paese, si abita una lingua” . Così scriveva il filosofo franco romeno Emil Cioran. Un pensiero vero ma non del tutto, gli Etruschi svanirono come potenza regionale e linguistica, eppure la cultura etrusca sopravvisse, nel sacro, nell’arte e nell’architettura di quella che sarebbe divenuta la potenza egemone del mediterraneo: Roma. Un viaggio nel cuore della civiltà Etrusca è un viaggio nel Mediterraneo alla ricerca delle nostre origini, la visita è stimolante, interessante e mai noiosa,  regalando la possibilità di vivere da vicino un mondo mitico e vivo.