Il nastro di Möbius è un tipo di superficie particolare, con una sola faccia e un solo bordo, per cui si può raggiungere ogni suo punto senza doverla attraversare o incontrare spigoli, ma semplicemente percorrendola e non è orientabile come gli oggetti con i quali entriamo in contatto quotidianamente. I Möbius Strip, quattro ragazzi dei dintorni di Frosinone, seguono quest’ispirazione (come fece già Escher nell’arte, Kim Ki Duk nel cinema e molti altri) per dare vita ad un album coerente e ricco di spunti interessanti.
Si riconosce l’estetica della fusion nel loro disco d’esordio, dal titolo Möbius Strip, che si sta già facendo notare nel panorama jazz: è stato eletto uno dei tre album migliori del mese di aprile dalla Musea Records e la title track scelta dal sito americano All About Jazz come download del giorno. Ma i Möbius Strip amano cimentarsi anche nel rock progressivo, traendo ispirazione da nomi eminenti come Caravan, Soft Machine, Weather Report e tutta la “scena di Canterbury” di fine anni ’60, facendo emergere elementi tipici dell’avanguardia musicale di allora su strutture più classicamente jazz.
Il gruppo è formato da Lorenzo Cellupica alle tastiere, Nico Fabrizi al sax tenore, sax contralto e flauto, Eros Capoccitti al basso e Davide Rufo alla batteria, per cui tutte le sei tracce che compongono l’album sono strumentali e godono di una considerevole coesione stilistica, senza rinunciare alla diversità negli arrangiamenti. Ne deriva un disco di piacevole ascolto anche per chi non è avvezzo al genere, risultato possibile grazie alla lucidità delle composizioni che non si perdonono in voli pindarici per mera ostentazione, ma che, anzi, rivelano un talento in accrescimento. In particolare il brano “Déjà vu”, con il tema di tastiere sullo stile dei Phish e l’eleganza ritmica nel tocco, è uno dei pezzi più emotivi del disco, mentre il singolo “Andalusia”, dalle sonorità iberiche, si afferma per originalità grazie anche alle precissisime variazioni armoniche fra una sezione e l’altra.
I Möbius Strip sono uno di quei gruppi che, pur avendo scelto un’ambiente di nicchia dove muoversi, risultano comunque accessibili ai più, non sacrificando l’identità di un genere in cui è difficile affermarsi. Con l’aspettativa di sentirli osare di più in futuro, il loro disco d’esordio si caratterizza per essere riuscito a cogliere i punti di unione fra jazz e rock progressivo e averli adattati al proprio stile, rimanendo comprensibili e peculiari, proprio come il nastro di Möbius.
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