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8 marzo. Luisa Spagnoli, la donna speciale che ha incollato gli italiani alla TV

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È finita come si sapeva. Luisa Spagnoli muore ancora relativamente giovane, a Parigi, tra le braccia di Giovanni Buitoni. Quel che la fiction non dice e’ che era una impenitente fumatrice, come poteva accadere all’epoca a una donna del popolo. Donna del popolo capace di creare non uno ma due imperi industriali, con una capacità di lavoro e di invenzione senza pari. Una bella storia, scritta bene e girata meglio, con Luisa Ranieri perfetta nel ruolo e tutti gli altri credibili. Il risultato c’è stato. La seconda punta della fiction di Rai1 ha superato la prima. Sette milioni 773 mila gli ascoltatori, con il 29,76% di share. In Umbria, dove Spagnoli e Buitoni sono non solo mito ma ancora presenza concreta, ha raggiunto il 59,45% con 231mila ascoltatori, poco meno di un umbro su tre. Segno di un radicamento forte, anche più di quel che si poteva immaginare. Ha vinto, comunque, la storia di una donna che ha saputo creare, soffrire, amare, che ha sfidato le regole del suo tempo e ha sempre vinto. Questo ha appassionato gli italiani. Ovviamente non poteva piacere a tutti. Poco è piaciuta, la fiction, all’occhiuto critico del “Corriere della Sera” Aldo Grasso, che denuncia una scrittura degna dei cartigli amorosi dei Baci Perugina. E si chiede quanto abbia pagato il marchio Luisa Spagnoli alla Rai per il “santino” televisivo. In realtà la collaborazione dell’azienda e’ dichiarata e la pubblicità a pagamento visibile. Una novità per un marchio che non ha bisogno di farne in TV, proprio grazie alla sua struttura commerciale, creata da Lino Spagnoli nel dopoguerra e basata su una immensa rete di negozi monomarca, quasi tutti di proprietà. Ma, insomma, Grasso e’ sempre Grasso. E si chiede se non si debba fare una fiction per ciascuna grande famiglia imprenditoriale italiana. Una provocazione? Forse, ma non sarebbe sbagliato. La cultura d’impresa si diffonde anche così. E la storia delle famiglie imprenditoriali italiani sono spesso grandi storie. Non c’è stato solo Adriano Olivetti.

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