Mille pagine di testo manoscritto per raccontare oltre settecento giorni trascorsi nei lager nazisti: il diario di Giulio Prunai è una delle testimonianze più estese e dettagliate mai rese da un prigioniero di guerra italiano. Dopo una lunga e accurata opera di trascrizione a cura della figlia Maria – a partire da una versione dattiloscritta preparata dallo stesso Prunai negli anni Settanta – il documento è oggi finalmente pubblicato col
titolo “La sboba” (3 tomi per 1.096 pagine complessive) dall’editrice
fiorentina Polistampa in occasione del Giorno della Memoria. L’opera, attesissima dai ricercatori e realizzata con il sostegno del Ministero dei Beni culturali, della Fondazione Cr di Firenze e della sezione fiorentina dell’Anei (Associazione nazionale ex internati), è arricchita da un ampio commento dello storico Nicola Labanca, docente all’Università di Siena tra i massimi studiosi italiani di storia militare. Giulio Prunai (Siena 1906 – Firenze 2002), soprintendente archivistico per la Toscana dal 1954 al 1971, era tenente commissario della Regia Marina quando l’8 settembre 1943 fu catturato a Tolone, andando incontro alla deportazione dopo essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. Farà ritorno a casa soltanto alla fine della guerra, nel settembre 1945, dopo due anni di internamento tra Germania e Polonia. Nel suo diario, scritto con mezzi di fortuna e mantenuto segreto per tutta la durata della prigionia, traccia un affresco
quanto mai nitido e minuzioso della vita nei campi di concentramento:
una storia giornaliera della fame, del freddo, del lavoro coatto, delle violenze, dei crimini di guerra e degli altri avvenimenti che costarono la vita a circa cinquantamila internati e segnarono per sempre tutti gli altri. “Un testo straordinario”, spiega il professor Labanca, “praticamente unico nella letteratura concentrazionaria italiana, utilissimo e chiarificante su moltissime delle questioni oggi in discussione fra gli esperti”.