L’atteso ritorno di Vincenzo Galati e dei suoi energici e impavidi “vecchietti”: il 19 maggio esordirà sulla scena letteraria “Dal letame nascono i fiori”, a due anni di distanza dalla pubblicazione di “Beata Gioventù”.
Olga, già protagonista del romanzo precedente, si trova nuovamente alle prese con un caso da risolvere.
L’omicidio dell’amico Togno, un gentile e tranquillo signore, una volta agricoltore e ora dedito alla coltivazione dell’orto comunitario insieme a 5 ragazzi dai modi misteriosi, costringerà la quasi ottantenne Olga a chiedere l’aiuto dei suoi fidati amici per districare il mistero celato dietro uno strato di terra e silenzio.
“Olga Massone calzò bene in testa il cappello blu con applicazioni floreali tono su tono e bottoncini giallo oro, in modo che non le andasse fuori posto sotto il venticello primaverile. Uscì di casa congratulandosi con se stessa per lo scialle di lana grigia: faceva ancora piuttosto fresco. Si voltò, rivolse un sorriso all’uomo dai capelli bianchi che aspettava l’ascensore e si diede una rapida occhiata nello specchio dell’androne, (…) Si passò una mano sui capelli grigi per assicurarsi che la crocchia fosse a posto, uscì dal portone e diresse i suoi passi verso il centro.”
Genova con il suo intreccio di stradine fa da cornice alle avventure di Olga che, con l’aiuto di Sandro, Renato e Betta, si spingerà fino a mettere a repentaglio la sua stessa incolumità per consegnare il colpevole alla giustizia. Quest’ultima è rappresentata dal Commissario Schiappacasse e dall’ispettore Lorusso ormai avvezzi alle bizzarrie della donna ma non per questo meno preoccupati.
Tra escamotage, gite fuori porta, nascondigli e sotterfugi, Olga, aiutata dalla sua banda di vecchietti, in una Genova dal sapore di tradizione, giungerà alla conclusione, come cantato dal compianto De André, che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.
“Vico delle Mele è nel cuore del centro storico, alle spalle di Via San Luca, in quella zona che pur essendo a due passi dalla città ordinata, scivola in un mondo parallelo di scomposta e selvaggia bellezza. Nessun luogo ha per Olga tanta poesia quanto questa parte di Genova, fatta di case alte e strette, dove nelle giornate di sole la luce fende a malapena certe altezze vertiginose e batte sul selciato. Ogni volta che vi si addentra è per lei un’emozione fisica, un vortice di contrasti che le coinvolgono i sensi: l’olfatto è rapito dall’odore caldo della focaccia proveniente dai forni e da quello di rinfrescume di qualche avanzo di mercato; l’udito è frastornato da una Babele di linguaggi e cullato dalla voce rassicurante di De André, proveniente da un vecchio negozio di musica; la vista poi non riposa mai, un angolo degradato può sempre schiudersi in una piazza di intatta bellezza.”