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Roma da scoprire, tra gli alambicchi di Lungotevere in Sassia

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La Roma che non t’aspetti, anche se in una capitale europea è scontato che ci sia. Ebbene, in questa Roma piena di vestigia e di musei, c’è anche il misconosciuto Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria. Cosa da specialisti, si dirà. Vero, ma non troppo. Anche per gli specialisti la medicina di secoli addietro è solo mera curiosità buona al massimo per gli studenti che devono superare l’esame, appunto, di storia della medicina. Eppure il Museo di Lungotevere in Sassia ha un suo fascino intrinseco, che potrebbe attirare anche i turisti. Ha un suo sito web dal quale si ricavano le informazioni essenziali, che incuriosiscono e possono spingere a prenotare una visita. Il Museo è situato nell’ala secentesca dell’Ospedale Santo Spirito in Sassia. “Forse anche per questo – riconosce il sito – è un po’ dimenticato rispetto ai musei “nazionali”, ma è unico nel suo genere, e documenta con accuratezza il percorso che lentamente portò la medicina, la chirurgia e la farmacologia dall’ambito originario della magia a quello scientifico”. Fu inaugurato nel 1933, ideato dai professori Pietro Capparoni e Giovanni Carbonelli con il contributo del generale Mariano Borgatti; questi vollero raccogliervi le loro collezioni aggiungendole al fondo dell’antico Museo Anatomico, che, sorgeva nel Braccio Nuovo, saldato all’edificio Sistino in direzione di Castel Sant’Angelo, voluto da Benedetto XIV (1748-1758). Per una serie di sfortunate coincidenze tale costruzione non è arrivata fino a noi, essendo stata distrutta durante i lavori per il lungotevere. L’antico Museo Anatomico aveva una funzione non solo conservativa degli “oggetti”, ma soprattutto didattica; insieme al teatro anatomico era il gabinetto di anatomia per gli studenti, dove si dissezionavano i cadaveri e si mostravano le preparazioni o i modellini per far comprendere meglio l’anatomia. Alcune collezioni sono visibili ancora oggi, come i preparati anatomo-patologici e le cere anatomiche (sala Flajani), le tavole anatomiche di Paolo Mascagni e i dipinti a olio appartenuti a Guglielmo Riva, celebre anatomista e chirurgo dell’Ospedale romano della Consolazione (sala Alessandrina). Col tempo, il Museo Anatomico perse la sua vitalità. Nel dicembre del 1870 l’anfiteatro anatomico, fino ad allora riservato alle cerimonie solenni ed accademiche, venne destinato all’insegnamento della Fisiologia sperimentale e di Anatomia patologica. In occasione di tali cambiamenti le collezioni vennero cedute all’Università. Nel 1911, in occasione del cinquantesimo anniversario della Proclamazione del Regno d’Italia, si tenne l’Esposizione Internazionale di Roma di Arte Retrospettiva a Castel Sant’Angelo, dove – per iniziativa dei professori Pietro Capparoni e Giovanni Carbonelli, con la consulenza del generale Mariano Borgatti – furono esposti la ricostruzione di una farmacia del XVII secolo e di un laboratorio alchemico e una sezione dedicata alla storia della medicina. In questa occasione venne rilanciata l’idea di costituire un Museo di Storia dell’Arte Sanitaria, anche per non disperdere il materiale della mostra. Fu così che nel 1920 nacque l’Istituto per il Museo Storico dell’Arte Sanitaria (ISIDAS), che nel 1934 si trasformò in Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria (ASAS) con lo scopo di promuovere studi storico-medici e soprattutto dare vita a un Museo. Nel 1929 il Pio Istituto Santo Spirito concesse una sede all’interno dell’Ospedale, e precisamente l’ex corsia Alessandrina. L’attuale Museo è composto quindi dalle collezioni storiche, integrate con materiali provenienti dalla Mostra del 1911 e con altre collezioni aggiuntesi in seguito. La prima in ordine di tempo fu quella donata al Museo da Pietro Capparoni, seguita nel 1931 da quella che Giovanni Carbonelli aveva donato al Comune di Roma nel 1918 e consegnato in deposito permanente al Museo. Negli oggetti esposti, i visitatori che si interessano di storia della medicina possono trovare una dettagliata documentazione non solo dell’arte chirurgica ma anche di quella ostetrica e farmaceutica, nonché delle malattie che hanno colpito gli uomini nel passato. Per il visitatore meno specializzato, gli oggetti parlano il singolare linguaggio della curiosità.

A cominciare dalla Farmacia, fedele ricostruzione di un’antica farmacia del XVII secolo, con il pavimento in cotto e il soffitto a cassettoni. Un grande banco di legno massiccio è posto dirimpetto alla porta d’ingresso. L’efficacia dei rimedi era allora strettamente legata all’armonia degli ingredienti e all’esattezza delle dosi da somministrare ai pazienti. Spesso, invece di pesare gli ingredienti, si usavano i cucchiai come unità di misura. Lo speziale troneggiava dietro il banco e il medico e i notabili si raccoglievano intorno a lui. Anzi, il medico spesso riceveva i suoi pazienti proprio in farmacia, un uso conservato in certe regioni d’Italia quasi fino ai nostri tempi. Nelle antiche raffigurazioni italiane il medico è spesso rappresentato in farmacia nell’atto di visitare, di prescrivete una ricetta o di esaminare l’orina. Da non perdere il Laboratorio Alchemico. E’ allestito scenograficamente in un’atmosfera di magia e superstizione. Dal soffitto pende un coccodrillo impagliato, che fu spesso usato in antiche terapie proprio perché alla “curiosità” zoologica erano attribuite virtù mediche straordinarie. Sembra di dover vedere tra storte, alambicchi, mortai e vetri di ogni forma l’ombra di Faust, ma l’oggetto che più attira l’attenzione del visitatore è indubbiamente il calco della famosa porta ermetica (l’originale è nei giardini di piazza Vittorio). Si racconta che i segni arcani e cabalistici incisi sulla porta rappresentino la formula della pietra filosofale, quella che permetteva di trasformare i metalli vili in oro. Non era vero, naturalmente, la il mito fu duro a morire.

Il Museo offre un servizio di visite guidate. Per prenotare: 06-6893051 – 68352353

Testi e foto dal sito: http://www.museiscientificiroma.eu/artesanitaria/