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“Era una notte che pioveva”, lo sguardo sul passato che non deve svanire

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“Era una notte che pioveva” di Gian Marco Montesano si inserisce nella cornice delle manifestazioni dedicate al centenario della prima Guerra Mondiale, in cui il teatro ha ricoperto un ruolo prezioso a corredo della ricerca storiografica. In questo senso, lo spettacolo va a sommarsi a “Bagno Borbonico”, progetto site specific ambientato all’interno dell’antico bagno penale che è magnificamente conservato nella zona vecchia di Pescara, con cui la compagnia del Florian aveva varato un paio di stagioni fa il filone della produzione di argomento storico.

Per affrontare un tema come la Grande Guerra -materialmente sterminato, oltre che delicato ed importante sotto ogni punto di vista- Montesano sceglie una prospettiva specifica: quella delle testimonianze scritte, vergate direttamente dal fronte, sulle pagine malferme di lettere e diari personali ad opera dei protagonisti in prima linea dell’evento bellico. Parliamo dei soldati, naturalmente, ma anche delle crocerossine, e questa dualità caratterizza fortemente l’angolatura dello sguardo proposto.

In scena, la conseguente condizione paritaria delle voci recitanti viene resa tramite la presenza di Umberto Marchesani e di Giulia Basel, impegnata inoltre a fianco di Montesano in una collaborazione artistica alla messinscena. A partire da questo impianto, sembra svilupparsi un disegno che insegue sdoppiamenti e stratificazioni: il recitato si sovrappone a momenti ampi di vera e propria mise en espace dove la parola si apre, scindendosi in documento e commento, tramite l’effetto discriminante del microfono che va a sottolineare i soli momenti di lettura delle testimonianze. Il primato della parola scritta tende a fermare la scena in una fissità di fondo che produce una sorta di effetto pittorico, dove il quadro vivente viene sfumato e ribadito dalle proiezioni di repertorio che prendono ciclicamente forma sul fondale, tra i drappeggi di un tricolore dalle dimensioni imponenti.

In questo gioco di proporzioni distanti, la Grande Guerra viene raccontata tramite una rete di momenti documentali intrecciati puntualmente con le piccole storie dei singoli. La presenza della musica conferisce all’insieme le tonalità di una liturgia, dedicata ai protagonisti di un evento storico che viene celebrato nella sua matrice corale e collettiva.

                                                                                                                                Paolo Verlengia