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L’incessante Canto della Vita raccontato da Ovadia al Teatro Vittoria

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Moni Ovadia, fino al 24 Marzo al teatro Vittoria, racconta una storia. La storia di un popolo scomparso nello scorrere di un solo mattino. Il khassidismo irrompe vitale sulla scena, grazie alle parole di Moni. Il movimento “spirituale” di tutto l’ebraismo che per secoli ha espresso una grandezza d’animo inimmaginabile, è stato oggetto anche del grande pittore Marc Chagall, capace di coglierne l’essenza colorata attraverso i neri pastrani.

Il Raccontare, il Canto e l’Umorismo sono i tre elementi che rappresentano il popolo ebraico. L’autore riesce a rappresentare con forza questo spirito non-dogmatico tipico dell’ebraismo, il suo considerare la Bibbia come un fiume da cui si dipanano piccoli torrenti. Ecco che la grande storia biblica si arricchisce e si ingrossa come un fiume in piena grazie ai suoi affluenti, e si crea quel grandioso libro che è il Talmud. Ovadia, con un’esposizione limpida, fa intuire quanto il “raccontare” sia il fondamento culturale di tutta la natura umana. Come esso, anche il canto è il tratto distintivo della ritualità ebraica: quello dei neonati non è considerato un grido di dolore, ma il canto della vita, un dire “ci sono anch’io, tenete conto anche di me”. E’ straordinario come il canto si espande in tutto il creato, come dimostra Pinuccio Sciola (citato da Ovadia). Anche le pietre cantano, segno che l’universo è intriso di musicalità. Quando musica e spirito si incontrano nel salmodiare della preghiera ebraica, non è più in grado di rimanere indifferente a ciò che trascende il visibile. La scandalosa spiritualità khassidica si esprime poi attraverso il dirompente e dissacrante umorismo. Si, perché il sorriso è uno degli elementi fondanti e fondamentali dell’ebraismo, ed irrompe a piè pari nella Bibbia stessa. Sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo si troviamo episodi di nascite miracolose, come Gesù e come Isacco, due nascite distinte, ma “divine” entrambe. Isacco (Yitzchak in ebraico), per questo popolo significa “egli riderà”, “egli è colui attraverso il quale Dio interromperà la pratica del sacrificio e proprio per questo riderà e con il suo riso porterà la vita, nascendo dal grembo sterile di Sara”.

Ovadia ci racconta l’animo e lo spirito dell’umanità attraverso una sua parte. Passando per l’apparenza scura e fragile dei khassidi entra in un mondo altro, dipinto con colori meravigliosi in cui questi omini fluttuano ad un palmo da terra.

Andrea Gigante