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“Ma”, la madre di tutte le madri

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Teatro India va in scena l’ultima regia di Antonio Latella, un monologo per la drammaturgia di Linda Dalisi. MA, prima sillaba della parola madre, è il titolo di questo singolare spettacolo la cui scrittura si ispira e torna a riflettere sugli spunti della storia personale e della produzione pasoliniana nelle sue molteplici declinazioni. Si tratta di una sorta di vero e proprio processo-interrogatorio all’immagine della madre, impersonata dall’unica attrice protagonista (Candida Nieri) seduta di profilo con i piedi simbolicamente bloccati in un paio di scarpe clownesche ed oltremodo sproporzionate, che la radicano però al contempo in un senso ironicamente positivo ed ancestrale alla terra. Il viso è rivolto verso una grata di lampade sottratte a interni piccolo-borghesi, che per l’occasione si fanno fari minacciosi da commissariato di polizia. La madre pasoliniana diventa, in questa dimensione forzata, portavoce di tutte le altre nel suo grido straziande per il figlio, a cui è stata data la vita in un mondo di violenza e soprusi, e che proprio per questo ha fatto della parola un’arma di difesa e scandagliamento della verità. «Con Pasolini» spiega la Dalisi «parto alla ricerca di una lingua, perciò dopo il suono labiale del “ma” la ricerca prosegue nella parola… che diventa parola con la P maiuscola, quella in cui anche il segno grafico significa e dichiara che siamo in presenza di qualcosa di superiore, una forza generatrice, ovvero la Poesia. Madre Poesia». Il filo conduttore di questo stillicidio brutalmente evocativo è dunque quello della forza procreatrice di parole come di uomini, di pensiero come di gesti artistici: la madre in quanto perno di tutta la produzione del poliedrico artista, vista come presupposto motore di una «fuga dalla banalità coatta del vivere» per cui, sulla medesima linea, lo stesso obiettivo dello spettacolo diventa «attraverso le parole, le immagini […], quello di tracciare una possibile unica madre, con quel MA necessario a mettere un dubbio: madre sì, ma…». Lavoro interessante per quanto impegnativo nella sua lettura critica, da vedere sicuramente previa introduzione allo spettatore.

 

Colette