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Massimo Ranieri tinge di nero lo Jovinelli, l’angoscia e il male del suo Riccardo III stupiscono il pubblico

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È passato indenne alle Forche Caudine della premiere il “Riccardo III” di Massimo Ranieri, in cartellone al teatro Jovinelli fino al 1 novembre. Il testo scespiriano, tra i più complessi per profondità e analisi psicologiche, è stato rimaneggiato da Masolino d’Amico, uno tra i maggiori anglisti del mondo. Le musiche di Ennio Morricone hanno immerso la sala in una scenografia musicale totalmente oscura, piena di angoscia.Teatro-Ambra-Jovinelli-Riccardo-III-Massimo-Ranieri

Tutti questi elementi hanno predisposto il pubblico a percepire l’insondabile profondità del Riccardo, a capire che«L’angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla». Quel nulla di Heidegger, ieri è andato in scena anche allo Jovinelli. Si è visto, percepito, sentito “Il male che produce il niente”.

Nutrito il gruppo di attori che ha partecipato al grande spettacolo messo in scena per la regia di Ranieri: Roberto Vandelli, Massimo Cimaglia, Paolo Lorimer, Carla Cassola, Margherita Di Rauso, Paolo Giovannucci, Giorgia Salari, Antonio Rampino, Gaia Bassi, Roberto Bani, Luigi Pisani, antonio Speranza, Alessandro Parise, Mario Scerbo.

Le scene di Lorenzo Cutuli disegnano una penombra dell’anima. Un circuito di dolore che viene a scaldare il cuore solo del maligno. Il legno oscuro dipinge negli occhi dello spettatore un sentimento di oppressione, di malignità, dove non alcun «inverno della nostra amarezza […] cambiato in gloriosa estate a questo sole di York».massimo-ranieri-riccardo-III

Tutto è lugubre. Tutto è angoscia. I costumi di Nana Cecchi lasciano volutamente una ambiguità temporale. Sembra quasi che il nostro Riccardo oscilli da un’epoca antica a una contemporanea, sottolineatura dell’eternità di questo male che vuole il potere, che nutre la bocca con il sangue della propria madre, pur di arrivare alla conclusione del suo progetto.

La recitazione al cardiopalma di Massimo Ranieri evidenzia in modo fulminante l’inclinazione demonica che il potere fa assumere a chi ne diventa servo; nel Riccardo non c’è un Kent, come in Lear, che possa dire: «Tu pensi che il dovere debba stare in silenzio per timore quando il potere si piega così alla lusinga?». Non c’è alcuna libertà, il male volge al male per necessità. Necessario è anche il sangue, sangue di tutti, anche di un Buckingham che si oppone, alla fine, al mostro che lui stesso ha contribuito a innalzare alla gloria.

La prova di Ranieri e della compagnia è stata avvolta da un caloroso applauso del pubblico romano che, partito interdetto, si è lasciato poi trascinare dalla tormenta ghiacciata che Riccardo lascia dietro di sé.