Una candela accesa, una scrivania con qualche libro, un registratore. Inizia così l’ultimo atto della vita da mafioso di Antonino Calderone, pronto per vestire i panni del collaboratore di giustizia. Non è facile raccontare la storia di questo personaggio e lo fa magistralmente la grande scrittrice e autrice Dacia Maraini nella sua trascrizione teatrale della confessione del mafioso dal titolo: “Mi chiamo Antonino Calderone”.
Il vissuto di quest’uomo scivola e si incastra in una delle pagine più buie del nostro paese: potere, stragi, vendette, uccisioni, questo è il cocktail preferito dei cosiddetti “uomini d’onore”, che Calderone definirà al contrario “uomini del disonore”. Se qualcuno pensa che tutto ciò è lontano dalla propria vita, si sbaglia: in questa guerra non ci sono confini e in quell’inferno ci finiscono colpevoli e innocenti. Il bene e il male, idealmente rappresentati nel nostro immaginario come due mondi nettamente separati, arrivano a seguire dinamiche distorte e sovrapposte, a volte invece parallele: in questo mondo, di logico non c’è assolutamente nulla.
La storia di Antonino Calderone coincide con la storia della mafia. Non c’è troppo da rallegrarsi se un uomo come Antonino arriva a pentirsi, perché la confessione non chiude mai un capitolo della storia definitivamente ma ne preannuncia di nuovi, agghiaccianti e vili. Antonino Calderone è quello che parla di mafia quando a Catania e nel resto d’Italia ci si domandava banalmente cosa fosse. Antonino è quello che delinea le caratteristiche del mafioso nell’identikit tipico del criminale, ma astuto e spregevole, la cui forza si nutre di un realismo crudo e implacabile.
Non chiedo perdono, dice Antonino Calderone, perché sa di non poterlo meritare. Ma attraverso l’opera di Dacia Maraini raccontata, interpretata e portata in scena da David Gramiccioli, si scopre qualcosa di sorprendente: un’anima e un profondo senso di critica e disgusto a lungo oppresso dall’identità mafiosa. Antonino Calderone non solo si pente, ma impara finalmente a vivere e lo racconta con parole amare che lo proiettano lontano da quel mondo di miseria umana e sangue, almeno idealmente.
David Gramiccioli, narratore in scena del testo di Dacia Maraini, si accosta con eleganza alla sensibilità dell’autrice creando atmosfere emozionali e intrecci che appartengono alla storia del nostro paese, troppo poco raccontati, capaci di farci riflettere non solo su ciò che è oggettivamente il personaggio e il suo mondo, ma anche sulla necessità di ricercare sempre la verità, a qualsiasi costo.
Sabato 14 e Domenica 15 Settembre 2019
Teatro San LucaVia Renzo da Ceri 136, Roma (Pigneto)