Un grande classico in chiave inedita è il Gabbiano di Carmelo Rifici, recentemente nominato direttore del Teatro di Lugano: in scena dal 11 al 14 febbraio al Teatro Storchi la celebre pièce di Cechov, una storia di sogni, autoinganni, vite di scrittura, teatro, letteratura e ordinarie vite immaginate. «Gabbiano parla di cose che tutti sanno – spiega il regista Carmelo Rifici – di rapporti familiari, di conflitti e di delusioni, senza averne consapevolezza. Entrare in un mondo familiare e vedere che ogni volta ti mostra qualcosa che non avevi notato dà la curiosa sensazione di visitare un universo conosciuto e, al tempo stesso, misterioso: “Cechov è talmente semplice che fa paura”, diceva Gor’kij». Un giovane teatrante pieno di dubbi sulla necessità del fare teatro oggi, un famoso scrittore che si interroga sulla necessità o meno di scrivere, una giovane ambiziosa che sogna il successo, una donna di successo che non sogna, un’umanità che desidera essere personaggio, personaggi che si specchiano in un lago che mostra la loro misera umanità, in un dramma di atti mancati, di gesti abbozzati, di destini incrociati, di passioni elementari e insostenibili. «In Gabbiano tutti si rappresentano – prosegue Rifici – anzi sono tutti ossessionati dalla rappresentazione. Si impegnano a vivere una vita che non è la loro e tentano di eternarla, di renderla un presente continuo. Non sarà perché tentano disperatamente di fermare la vita e il bloccare dentro di loro il sinistro desiderio di voler uscire, volare via per fare parte di qualcosa di più grande? (…) Teatro e mistero, verità e sogno. Non a caso i protagonisti sono attori, scrittori, registi, e l’umanità che gira intorno a loro è fatta di contadini, di lavoratori, che non sognano altro che essere attori e scrittori. Ossessione della rappresentazione di sé. I personaggi recitano su un palcoscenico che si specchia in un lago che mostra a sua volta la loro misera umanità e l’incapacità di volare in alto. (…) Il Lago diventa anche sinonimo di occhio, è l’occhio (profondo) dentro il quale ci si specchia. Il teatro è il grande specchio del mondo. Non potrebbe essere che il lago e il teatro in Cechov siano la stessa cosa? E che sia la rappresentazione a spingere l’uomo verso il baratro e a impedirgli di spiccare il volo verso l’alto? Ma l’ossessione alla rappresentazione non è comunque un tentativo dell’uomo di sconfiggere la morte? Immaginarsi di essere altro da sé e dare corpo all’immaginazione, non è un modo per lasciare delle tracce nel mondo?».
Teatro Storchi, Largo Garibaldi, 15 – Modena
Stagione 2015/2016
11, 12 febbraio ore 21
13 febbraio ore 20
14 febbraio ore 15.30