Sulle orme dei dinosauri nell’Alta Umbria. Dopo la pausa estiva, dal 19 settembre al 30 giugno 2016, è nuovamente visitabile, nell’antico Monastero di San Benedetto che ospita il centro “Archivio della Terra”, la mostra Dinosauri a Gubbio. Sulle tracce dell’estinzione. Nelle sale gli scheletri dei terrificanti carnivori e degli erbivori da record, con ricostruzioni originali degli ambientie delle forme di questi animali nei vari stadi evolutivi. Ma perché una mostra del genere proprio a Gubbio?. Che cosa lega la città medievale ai dinosauri? Il mistero – per così dire – è presto svelato, la Gola del Bottaccione, che si estende nel Preappennino alle spalle della città. Ma la storia non è semplice. C’entrano i dinosauri e c’entra l’iridio. E naturalmente si tratta di ipotesi, per quanto scientifiche.”Le rocce di colore rosso, che affiorano nella parte alta della Gola – spiegano i curatori della mostra – sono note come Formazione della Scaglia Rossa ed hanno un’età che va da circa 100 a 65 milioni di anni fa ricadente nel periodo Cretaceo. Sono composte da carbonato di calcio che deriva per gran parte dai gusci di microfossili, i foraminiferi. Questi hanno dimensioni del decimo di millimetro e sono osservabili al microscopio ottico, anche se in taluni casi sono visibili anche ad occhio nudo. Essi costituiscono il plancton marino e si sono sedimentati sul fondo di un mare profondo molte centinaia di metri. I sedimenti poi trasformati in rocce, oggi sono disposti in strati inclinati verso monte (NE) di circa 30° e piegati dalle forze tettoniche che hanno formato l’Appennino negli ultimi 10 milioni di anni. La composizione chimica di queste rocce fornisce importanti informazioni sulle caratteristiche dell’ambiente marino, sulla temperatura dell’acqua, ma anche sulla composizione dell’atmosfera e quindi sul clima della terra in un importante arco temporale. Allo stesso modo i foraminiferi, attraverso l’evoluzione delle loro forme e le loro abitudini di vita ci dicono come era la vita sulla Terra nel corso dei milioni di anni. Alla Gola del Bottaccione, il limite tra Era Secondaria e Terziaria è stato stabilito proprio attraverso la scomparsa dei foraminiferi, una delle specie viventi che, come i dinosauri, subirono la totale estinzione alla fine del Cretaceo (ad esempio la Abathomphalus Mayaroensis). Nel Paleocene (Terziario o Cenozoico) si ha poi la comparsa di piccole nuove specie come la Parvularugoglobigerina Eugubina. Sappiamo che 65,5 milioni di anni fa si estinsero circa il 50% delle specie viventi, come i foraminiferi, le ammoniti e le rudiste nei mari, ma soprattutto sulla terraferma scomparvero gran parte degli animali di peso superiore ai 40 kg. Sopravvissero soprattutto quegli animali meno evoluti e specializzati che hanno saputo riadattarsi alle nuove condizione di vita sulla Terra. Tra questi anche i piccoli mammiferi”.
Studiando proprio la velocità di accumulo dei sedimenti al limite K/T alla Gola del Bottaccione, il geologo americano Walter Álvarez e suoi collaboratori, all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, trovarono un’anomalia nella concentrazione dell’iridio. L’iridio è raro sulla superficie terrestre, ma molto comune nelle meteoriti e asteroidi e nel nucleo terrestre. Questa anomala concentrazione è stata poi verificata e confermata in molte altre parti del mondo dove era noto il limite K/T. Da qui l’elaborazione della teoria dell’impatto sulla Terra di un meteorite di circa 10 km di diametro, 65,5 milioni di anni fa. Questo avrebbe rilasciato una quantità di gas e polveri nell’atmosfera in una quantità tale da mettere in crisi per molte migliaia di anni l’intero sistema ecologico a scala planetaria. Oggi esistono molte conferme a supporto di questa teoria. La prima riguarda la scoperta di un grande cratere da impatto, di oltre 180 km di diametro, presente nel sottosuolo nella parte settentrionale della penisola dello Yucatan in Mexico, vicino alla città di Chiluxub che ha un’età coincidente con i fossili della Gola del Bottaccione. Nell’intorno di questo cratere sono state trovate molte evidenze dell’impatto di questo oggetto extraterrestre con la superficie terrestre. Prima fra tutte, le rocce deformate dall’impatto e la presenza di depositi di “tsunamiti” fino a molte migliaia di chilometri. Inoltre è stato rilevato l’aumento della concentrazione di iridio, la presenza di sferule di vetro fuso legate all’impatto, cristalli di quarzo deformati per alta pressione presenti proprio nelle rocce di 65,5 milioni di anni. Il 18 luglio 1994 è stato possibile osservare dettagliatamente l’impatto dei frammenti rocciosi della Cometa Shoemaker-Levy 9 con il pianeta Giove, a conferma che questo tipo di eventi catastrofici sono possibili anche attualmente nel nostro sistema solare. Gli studi più recenti sul limite K/T, cercano di dettagliare gli avvenimenti che ebbero luogo 65,5 milioni di anni fa, verificando come l’estinzione di molte specie non avvenne in maniera rapida e sincrona, ma probabilmente in momenti diversi. È stata proposta la possibilità che l’impatto del meteorite sia avvenuto a cavallo di due importanti eruzioni vulcaniche nel Deccan in India. Eruzioni che hanno accentuato ed allungato il periodo di crisi ecologica sulla superficie terrestre, con variazioni anomale nella composizione e nella temperatura delle acque e dell’atmosfera. Anomalie che appunto hanno messo in crisi tutto il sistema ecologico terrestre. Meteorite o non meteorite, a Gubbio resta il fascino di questa storia, e la bella mostra allestita nel Monastero di San Benedetto. Da visitare, magari tra fine settembre e inizio ottobre, quando è in corso il Festival del Medioevo (30 settembre – 4 ottobre).
Info: http://www.dinosauriagubbio.com/